Apprendimento: come facilitarlo in nostro figlio

Finire i compiti il pomeriggio avendo anche il tempo da dedicare allo sport, agli hobby, alle attività piacevoli è auspicabile, ed è, anzi, possibile
 
La scuola è importante, le conoscenze sono fondamentali, ma anche lo svago non è da meno, poiché dà la possibilità ai nostri figli di scaricare emozioni e tensioni, di socializzare, di aumentare il loro senso di autostima ed autoefficacia, di favorire il benessere.
A volte gli insegnanti si limitano a spiegare la lezione o ad assegnare i compiti, dando per scontato che  bambini e ragazzi sappiano già come studiare. Acquisire un buon metodo fin da subito permetterebbe allo studente di risparmiare tempo, di studiare bene e, quindi, di apprendere con più facilità
 
La parola apprendere, dal latino “ad-prehendere”, significa venire a conoscenza di qualcosa e mostra il carattere attivo dell’azione: cioè siamo noi che, per venire a conoscenza di qualcosa, dobbiamo appunto muoverci, spostarci, andarvi incontro per conquistarla. Da questa semplice definizione si può comprendere come il metodo di studio non può essere improvvisato, ma è necessario costruirlo ad hoc. 
 
Quali caratteristiche deve avere il metodo di studio per dare buoni risultati?
 
1) Adattarsi al canale preferenziale (visivo, uditivo, cenestesico) di nostro figlio, così da facilitargli l’apprendimento. Se poi si volessero utilizzare più canali preferenziali per veicolare un’informazione, questa resterà ancora più impressa ed aiuterà la memoria a tirarla fuori quando serve. Ad esempio: per aiutarlo ad apprendere una lezione, facciamogli cercare un video su internet che affronti quell’argomento (canale visivo), che nel frattempo lo spieghi (canale uditivo) e che mostri anche nella pratica ciò che si sta illustrando (canale cenestesico).
 
2) Essere efficace, ovvero prevedere: un’organizzazione adeguata del tempo a disposizione in base agli obiettivi da raggiungere; delle pause durante le quali “staccare la spina” per pochi minuti dedicandosi ad altro e permettendo così alla mente di “ricaricarsi”; una riflessione sul metodo utilizzato per verificare se è qualitativamente valido o se bisogna modificarlo laddove conduce a degli insuccessi. Ad esempio: prima di iniziare a studiare il pomeriggio, facciamo scrivere a nostro figlio un programma (compreso di pause) di come intende organizzarsi con i compiti, suggerendogli di iniziare dalle materie più difficili e lasciando quelle più facili per il momento finale in cui la sua attenzione si sarà notevolmente ridotta, aiutandolo alla fine a verificare se il metodo è stato efficace e se si può migliorare qualcosa.
 
3) Essere sostenuto da una buona motivazione ed un’alta autoefficacia: la motivazione è il motore di ogni cosa, che dà la forza per iniziare e completare anche un’attività impegnativa rendendola facile e piacevole; l’autoefficacia permette a nostro figlio di sentirsi competente in ciò che fa, dandogli, quindi, la sicurezza di fare i compiti in autonomia. Spieghiamogli l’importanza dell’apprendimento rendendo interessante ciò che sta per imparare e sosteniamolo costantemente nei suoi successi gratificandolo e premiandolo ad ognuno di questi. Viceversa non rinforziamo l’errore ingigantendolo, ma spieghiamoli pazientemente come correggersi senza fargli vivere l’errore come un momento di frustrazione.
 
Oltre alla fondamentale importanza di un buon metodo di studio, ricordiamo che l’apprendimento è strettamente collegato alle emozioni.  Avvenendo principalmente in ambiente scolastico, inevitabilmente, porta bambini e ragazzi a confrontarsi con gli altri, a sperimentare l’errore, a subire rimproveri, a provare ansia da prestazione. È perciò importante parlare con nostro figlio di come sia andata la giornata, incoraggiandolo ad esprimere le proprie emozioni, potenziando quelle positive ed aiutandolo a comprendere, gestire e trasformare quelle negative, facendo in  modo, così, che le stesse, riconosciute,  condizionino positivamente il processo d’apprendimento. Se, ad esempio, al rientro dalla scuola, vediamo nostro figlio turbato, proviamo a chiedergli che emozione prova in quel momento e, se avrà difficoltà ad esprimerla, aiutiamolo domandandogli cos’ha fatto a scuola; individuato l’avvenimento che potrebbe essere alla base del suo stato d’animo, facilitiamogli il riconoscimento dell’emozione chiedendogli come si è sentito fisicamente (mal di testa, calore, bruciore alla pancia, ecc.), cosa ha provato (rabbia, tristezza, ecc.), cosa avrebbe potuto fare per gestire quell’emozione e per trasformarla, suggerendogli noi stessi delle strategie, magari raccontandogli che soluzione abbiamo trovato noi in un evento simile; cerchiamo, quindi, di capire insieme a lui cosa c’è alla base di quell’emozione (insicurezza, fastidio, frustrazione…) in modo da lavorarci ogni volta che ne riconoscerà la presenza. 
 
Il modo di apprendere, la motivazione e le emozioni, condizionano questo processo complesso.  Proviamo ad ascoltare e rispettare l’individualità di nostro figlio e l’apprendimento diventerà, senza forzature, una naturale voglia di curiosità saziata, scoperta e conoscenza.
 
“Ha maggiore efficacia nell’apprendere una curiosità volontaria che non una costrizione intimidatoria.” (Sant’Agostino)
 
Ilenia La Farina
 
 
 

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