Come guardiamo il mondo?

Per tutti noi ci sono giornate “si” e giornate “no”, e spesso diamo ad esse una grande responsabilità, quella di condizionare tutto ciò che contengono: la relazione con il nostro compagno, la comunicazione con nostro figlio, il rapporto con i colleghi, la tolleranza alla guida della nostra auto e così via…
 
Se si tratta di una giornata “si” possiamo stare tranquilli: abbiamo indossato gli occhiali della positività, ci sembrerà di vedere tutto rosa, piccole incomprensioni ci scivoleranno addosso come pioggia su un impermeabile, potremmo perdonare anche il danno più grave.
 
Ma se si tratta di una giornata “no” allora le nostre lenti saranno oscurate, vedremo tutto buio, anche il più piccolo imprevisto ci sembrerà una montagna insormontabile. Saremo pronti “all’attacco” o ci chiuderemo in noi stessi.
 
La nostra scala delle priorità cambia, il valore che diamo alle cose che ci circondano è influenzato da come ci sentiamo, da come percepiamo, dagli occhiali che indossiamo.
E se le nostre lenti sono nere, fermiamoci un attimo, facciamo un bel respiro e pensiamo, così come il re della nostra storia, «ANCHE QUESTO PASSERA’»…
 
“C’era una volta un re molto potente che regnava in un paese lontano. Era un buon re, ma aveva un problema: era un re con due personalità
 
C’erano giorni in cui si svegliava esultante, euforico, felice. Fin dal mattino quelle giornate gli parevano meravigliose. I giardini del suo palazzo gli parevano più belli. I servitori, per chi sa quale fenomeno, diventavano gentili ed efficienti. Durante la colazione ribadiva che nel suo regno si producevano le migliori farine, e si raccoglievano i frutti migliori.
In quei giorni, il re riduceva le tasse, distribuiva le ricchezze, concedeva favori e legiferava per la pace ed il benessere. In quei giorni il re soddisfaceva tutte le richieste che gli venivano rivolte da sudditi ed amici.
Ma purtroppo esistevano anche giorni diversi.
Erano le giornate nere. Già al mattino si rendeva conto che avrebbe voluto dormire un po’ di più. Ma quando se ne accorgeva ormai era troppo tardi e il sonno se ne era andato. Per quanti sforzi facesse, non riusciva a capire come mai i suoi servitori fossero così di cattivo umore e non lo riverissero come si deve. Il sole gli dava ancora più fastidio della pioggia! Il cibo era tiepido e il caffè troppo freddo. L’idea di ricevere visite nel suo gabinetto gli dava il mal di testa.
In quei giorni, il re pensava agli impegni presi in altri tempi ed era spaventato al pensiero di doverli mantenere. Erano i giorni in cui il re aumentava le imposte, confiscava terreni, imprigionava gli oppositori… Timoroso del presente e del futuro, perseguitato dagli errori del passato, in quei giorni legiferava contro il suo popolo e la parola che usava di più era “NO”.
 
Consapevole dei problemi occasionati dai suoi cambiamenti di umore, il re convocò tutti i sapienti, i maghi ed i consiglieri del regno.
«Signori!» disse loro «Tutti conoscete i miei mutamenti di animo, tutti hanno tratto beneficio dalle mie crisi euforiche e hanno dovuto subire le mie ire. Ma chi soffre di più sono io, perché ogni giorno devo disfare quello che ho fatto in un altro momento, quando vedevo le cose in un modo diverso. Signori, ho bisogno che lavoriate insieme per trovare un rimedio, sia bevanda sia formula magica, che mi impedisca di essere così assurdamente ottimista da non esser consapevole dei rischi, e così ridicolmente pessimista da opprimere e danneggiare chi amo.»
I sapienti accettarono la sfida e per diverse settimane lavorarono al problema del re. Eppure nessuna alchimia, nessuna stregoneria e nessun tipo di erba riuscirono a dare una risposta al problema. Allora i consiglieri si presentarono al cospetto del re e confessarono il loro fallimento.
Quella notte il re pianse.
 
La mattina seguente, un bizzarro visitatore chiese udienza. Era uno strano tipo dalla carnagione scura, e indossava una tunica logora che un tempo doveva essere stata bianca. «Maestà» disse l’uomo facendo una riverenza «nel luogo da dove provengo si parla dei tuoi mali e del tuo dolore. Sono venuto a portarti qui il rimedio.» E chinando la testa porse al re un cofanetto di cuoio.
Il re, sorpreso e speranzoso, lo aprì e frugò nel cofanetto. Dentro c’era soltanto un anello d’argento. «Grazie» disse il re in preda all’entusiasmo.  «È un anello magico?»
«Certamente!» rispose il viaggiatore «ma non basta portarlo al dito perché la sua magia faccia effetto… ogni mattina, quando ti alzi, dovrai leggere l’iscrizione incisa sull’anello, e ricordare quelle parole ogni volta che vedrai l’anello al tuo dito».
Il re prese l’anello e lesse ad alta voce:
 
«DEVI SAPERE CHE ANCHE QUESTO PASSERA’» 
 
(Il re ciclotimico, in “Lascia che ti racconti: storie per imparare a vivere” di Jorge Bucay)
 
(Eliana Saccone)
 
 
 

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