Empatia e affettività: una riflessione doverosa

Cogliere l’occasione per parlare di empatia e affettività da un fatto di cronaca, che definire sconcertante è poco, rende difficile la riflessione che è doveroso fare.

A Napoli, un gruppo di giovani ventiquattrenni, che i giornali chiamano branco, ha aggredito un ragazzo di 14 anni, prendendo come scusa il fatto che il ragazzo fosse obeso, ma in verità poco più che in sovrappeso. L’aggressione, inizialmente verbale, è terminata in una vera e propria violenza di gruppo, che è difficile anche solo immaginare, ancor di più raccontare qui a parole: il ragazzo è stato denudato sotto la cintola e penetrato con un compressore dal quale è stata erogata aria compressa che gli ha distrutto l’intestino, il tutto accompagnato dalle parole: “Sei grasso, ora ti gonfiamo di più!”.

Lo sgomento è immediato, smarrimento, indignazione: alla ricerca di una spiegazione.

Noi adulti però, siamo obbligati a fare una riflessione.

Ascoltando le dichiarazioni espresse da amici e parenti dei maggiorenni, ci si rende conto che c’è in atto un’aberrazione da parte del contesto che attornia questi giovani adulti. Le loro parole sono più gravi dell’atto stesso: parlano di scherzo finito male. Giustificano il fatto, minimizzandolo, dicendo che i ragazzi non si sono resi conto dei danni che un compressore poteva arrecare. E i danni arrecati dall’umiliazione di essere insultati, denudati e penetrati?

Non c’entra Napoli, né i quartieri degradati, né il ceto sociale.

Ed è qui che mi ricollego all’argomento che vorrei approfondire.

Come fa un individuo a rendersi conto di ciò che è bene o male? Dall’esempio, dico io.

L’educazione all’empatia e all’affettività non dovrebbe prescindere da nessun ambito: familiare, sociale e scolastico.

L’empatia è la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne e comprenderne i pensieri e gli stati d’animo dalla sua prospettiva, pur conservando la coscienza della propria identità come identità separata.

L’affettività è l’insieme di sentimenti ed emozioni che interagiscono con la sfera motoria e intellettiva.

Questo episodio è un esempio di come gli atti commessi sono privi di empatia e i sentimenti e le emozioni provate dagli aggressori, che hanno portato ad un atto di questo genere, non sono stati né positivi né comprensivi.

Secondo Hoffman, madre e padre dovrebbero imparare anch’essi ad essere soggetti empatici, soprattutto tramite la sensibilità e non la punizione. Dovrebbero, quindi, educare ai valori dell'altruismo, dell’apertura verso il prossimo, in modo tale che il figlio impari a capire e condividere il punto di vista degli altri.

Anche a scuola, gli insegnanti dovrebbe essere empatici con i propri alunni, saper accogliere e dare significato alle emozioni degli stessi.

Educare alla comprensione dell’altro e alla condivisione con l’altro, non ricorrendo ad un atteggiamento autoritario e irrispettoso, elogiando i bambini quando se lo meritano e non svalutandoli quando non raggiungono il risultato sperato, non è cosa semplice, ma possibile, se noi adulti smettiamo di dimenticare di essere stati anche noi bambini.

Domandarsi ogni tanto: “Cosa mi faceva sentire inadeguato, insicuro, umiliato? Cosa mi  rendeva felice e appagato? Cosa dell’atteggiamento degli adulti di riferimento e non, mi indispettiva e mi faceva reagire chiudendomi in me stesso o mi faceva agire con violenza verbale o fisica?”…

Queste semplici riflessioni, per iniziare, potrebbero aiutarci ad avvicinare e scoprire cosa sono  l’empatia e l’affettività, per poi comprenderne il significato attraverso l’esperienze passate e future e così  diventare esempio positivo per gli adulti di domani.

 

Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.  (W.B. Yeats)

(Roberta Postorino)

Commenti

Articolo molto intenso e toccante, grazie per la giustissima riflessione.

Mi ha fatto riflettere sulla relazione conflittuale che vivo con mia madre. Grazie.

Bella riflessione, quella che dovremmo fare tutti , soprattutto coloro che sono genitori e che sono stati figli.Oggi sembra esserci una emergenza da carenza di capacità di lettura delle emozioni. Ma forse c'è sempre stata e solo oggi se ne palesa la gravità delle conseguenze

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